“STATEMENTS”


di Francesco Correggia




Scrivere un testo per una mostra è sempre una sorta di attività che ha a che fare con la domanda, con il chi e con il che cosa. Si tratta di una domanda dove chi deve rispondere si è già presentato da parecchio di fronte a qualcosa che ha a che fare con un interrogare che è anche anteriore a qualsiasi domanda in cerca di quiddità. Forse noi qui dovremmo dire che la domanda è anteriore ad ogni dire, oppure che la domanda traduce il senso mancante della cosa o forse ciò che viene avanti è un’assenza, una mancanza che la scrittura vuole riempire, presentare, porre testualmente in una sorta di fedeltà, non solo al discorso ma anche a ciò che è accaduto, compiuto.
Qui non si tratta solo di presentare una mostra, il che si darebbe come testo critico di un esposizione di un qualcosa in se concluso, ma di presentare appunto un’esperienza singolare che ha a che fare con domande, questioni, risposte, mai del tutto evase, sempre riaperte a nuovi interrogativi. In questo senso l’esporre diventa un porre avanti l’esposizione come tale, cioè il suo essere comunque interrogante nel suo cercare altri, o nel suo intrecciarsi e vincolarsi con un alterità altra, per l’altro o per altri.
Questo processo di avvicinamento all’opera da un punto di vista del rapporto e del confronto con un’alterità che è sorprendentemente dinamica e costitutiva dell’operare dell’arte è proprio ciò che il CRAB sostiene in tutte le sue attività nel suo progetto di ricerca.
In questo caso, nel contesto del progetto culturale del CRAB, Ivan Quaroni e Barbara Nahmad nel loro seminario rivolto a studenti di Brera del Biennio di arti Visive, hanno intrecciato le loro esperienze: curatoriali per quanto riguarda il primo, artistiche per quanto riguarda la seconda, su un terreno delicato della circolazione dell’arte e del suo sistema; quello della presentazione, del rapportarsi e del mostrarsi , cioè della cosa stessa dell’arte al di là di ogni affettazione, emotività e passionalità. Da questo calarsi nella dimensione, direi più esteriore, oggettiva dell’apparire dell’opera, si è creata una tensione dialettica, un colloquio inaspettato con i temi caldi dell’arte contemporanea, il che ha coinvolto sia studenti che docenti.
Né si deve dimenticare il ruolo sociale svolto dai media e dalle immagini, da quegli studi sulla cultura visuale (visual culture studies) che sono ancora oggi il tema dominante della riflessione estetologica non solo delle immagini ma più propriamente dell’arte. Le stesse Accademie nel loro processo di rinnovamento didattico e culturale devono essere il luogo di riflessione e di ricerca sulle immagini e affrontare in termini nuovi i temi oggi in atto: quali l’ambiente, la storia, le biotecnologie, l’antropologia. All’incrocio fra differenti discipline umanistiche, scientifiche, artistiche può essere percorsa una via che porta alla comprensione del mondo in cui viviamo.
In questo affermarsi di una coscienza dell’esporre che è anche un esporsi , una dichiarazione, una deposizione; tutti termini che hanno a che fare con statement c’è proprio la vitalità di una congiunzione con quella alterità a cui si faceva prima riferimento, con i diversi saperi di una nuova poetica della rappresentazione visuale fra differenti modalità di un fare che sono proprio il vero laboratorio del Theorein dell’arte .
I giovani artisti presenti in questa mostra sono il rendiconto di un’esperienza originale ed importante per uno studente dell’Accademia di Brera; quella di misurarsi con il reale dell’arte, con il suo stratificarsi nei meccanismi di selezione, di condivisione, di individuazione e produzione. Essi sono stati selezionati in virtù della loro coerenza, in qualche modo sorprendente e sempre interrogante, sempre in dubbio rispetto alle pratiche estenuanti della contaminazione a tutto campo dell’arte.