MIA PHOTO FAIR 2018

marzo 2018

The Mall Porta Nuova
con Sara Baxter e Romana Zambon

SARA BAXTER
PEACE & LOVE

Marcel Proust sosteneva che “Il mondo non e’ stato creato una volta, ma tutte le volte che e’ sopravvenuto un artista originale” … Ebbene, Sara Baxter, inglese di nascita ma cittadina del mondo per destino, rappresenta sicuramente una prova a sostegno della tesi proustiana. Attraverso i suoi occhi capaci di vedere quello che la maggior parte della gente si limita a guardare, possiamo esplorare la natura complessa degli oggetti che ci circondano, scoprendo che essi non sono soltanto cio’ che sembrano, ma di piu’, e molto altro.
e’ questa, in fondo, la missione dell’arte e della pop art in particolare: liberare l’interlocutore dall’obbligo di vedere il mondo illuminato dalla fredda luce dell’intelletto e dunque privato del peso delle emozioni e del ribollire del pathos. Sara Baxter possiede questo dono raro, di reinventare gli oggetti di uso comune, e questo suo coraggioso talento lo esprime ogni volta che rielabora qualcosa trasformandolo in qualcosa di diverso. Un prodigio realizzatosi con la serie dei suoi famosi barattoli, omaggio al maestro Andy Warhol, con gli ingombranti telefoni a disco, con i vecchi apparecchi televisivi imprigionati in una cornice di plexiglas, con le vecchie diapositive del padre pilota di caccia (sapientemente elaborate per riportare in vita un passato eroico) e ripetutosi oggi, con il suo ultimo progetto artistico intitolato “Peace&Love”, in cui la Baxter ha scelto di sorprenderci trasformando le confezioni dei profilattici in coloratissime e sgargianti icone che raccontano l’ineffabile piacere della sessualita’ senza peccato.
Trovando la bellezza in oggetti nati per essere conservati di nascosto e scartati al buio e costringendoci a vederla a nostra volta, Sara Baxter dimostra che Proust aveva ragione, che solo l’artista originale sa reinventare il mondo, creandolo ex novo, ancora e ancora. La sua e’ una mission impossible perfettamente riuscita: allegri come caramelle, arricchiti di piccoli slogan intriganti che piu’ che rispondere a quesiti pongono domande, i nove giganteschi profilattici nei loro involucri traslucidi e coloratissimi sono stati creati ad hoc per infrangere un tabu’. Ma come dobbiamo interpretare queste sue ardite opere? Sara Baxter si affretta a dichiarare che non e’ compito suo dirci che cosa cercare in esse. Lei non intende salire in cattedra ed educarci: l’arte non insegna, mostra solo la strada piu’ facile per raggiungere la liberta’. Che ognuno veda dunque in “Peace&Love” cio’ che il suo personale vissuto gli suggerisce, sapendo che quando si tratta di vera arte tutto e’ possibile, tranne sbagliare.

di Manuela Pizziolo

ROMANA ZAMBON

AL CENTRO DELLA SCENA
 

Per gli antichi Greci il teatro era il luogo dove tutti i concittadini si ritrovavano per assistere al rito del rispecchiamento della loro realta’, delle loro paure piu’ profonde, dei loro sogni e dei loro incubi. Tutti sapevano che quando veniva messo in scena non era la realta’ ma ne conservava la parvenza perche’ ne era una rappresentazione. Trasformato spesso nella sua versione piu’ edulcorata, l’intrattenimento, il teatro puo’ perdere la sua efficacia catartica ma se affidato a mani esperte riacquista una potenza narrativa che si carica di un affascinante mistero.
Romana Zambon ama gli spazi liberi perche’ le consentono di ampliare i confini della sua fantasia cosi’ quando si e’ trovata di fronte al bianco abbacinante delle cave ha subito intuito di doverle trasfigurare fino a farle approdare a una dimensione surreale dove la realta’ e l’immaginazione si sovrappongono fino a identificarsi. Ha cosi’ creato fotografie caratterizzate dall’assoluta mancanza di figure umane e da tre elementi in dialogo stretto fra loro: il cielo, piu’ volte cangiante, insegue all’orizzonte la linea del mare e incombe curioso sulla scena; le pietre, caratterizzate dai tagli decisi che le attraversano come ferite, sono disposte spontaneamente a semicerchio come per valorizzare il palco naturale su cui si alternano come apparizioni ora massi dalle forme abbozzate ora figure emblematiche tutte da interpretare.
Di chi e’ quel volto che sembra affiorare dal nulla ed esibisce un’espressione enigmatica, a quale mito si richiama il cavallo senza zampe ne’ coda che pure conserva, pur nell’immobilita’, una fierezza antica?
Romana Zambon conosce bene il valore del mistero e l’importanza di non svelarlo: si limita a lasciare ai suoi interlocutori labili tracce che ognuno utilizzera’ per evocare il volto ermetico della divinita’ oracolante di Delfi o quello gelido e sprezzante di Dioniso, i cavalli alati posti a guardia di Tarquinia o la statua cava dell’inganno ordito da Odisseo. Perche’ al centro della scena si mostra quanto labile sia il confine fra il vero e l’ingannevole, il reale e l’immaginario, l’esistente e l’artificioso. Proprio come la fotografia che tanto piu’ e’ frutto di grande creativita’ quanto piu’ svela il suo meraviglioso allontanarsi dal vero.
Romana Zambon ama gli spazi liberi perche’ le consentono di ampliare i confini della sua fantasia: di fronte allo spettacolo delle cave ha scelto di trasfigurarle per approdare a una dimensione surreale dove realta’ e immaginazione si sovrappongono fino a identificarsi. Ha cosi’ creato fotografie caratterizzate da tre elementi: il cielo cangiante che incombe sulla scena, le pietre disposte a semicerchio e il palco naturale su cui si alternano come apparizioni ora massi dalle forme abbozzate ora figure emblematiche tutte da interpretare.

di Roberto Mutti

OPERE DI SARA BAXTER
OPERE DI ROMANA ZAMBON

 

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