RISUS OMNIA VINCIT

Heart Break is Fun
di Francesca Barbi Marinetti

Blue ha un lacrimone che scende dall’occhio e un cuore rosso a vista, dice “un altro mondo è possibile”, Joy con le braccia alzate e un sorriso spalancato in urlo di gioia, gli risponde  “su un altro pianeta”. La malinconia afferma la speranza e la gioia la nega. Nulla è come sembra. A conquistarci è il sentimento nuovo che emerge da questa apparente contraddizione e la legge della compensazione di Blue con Joy. Sono gli alter ego della coppia dei creativi provenienti dal mondo della comunicazione pubblicitaria che dalla loro affinità professionale hanno saputo mettere a fuoco un messaggio condiviso e a dargli voce a dispetto delle logiche del mercato della comunicazione, elevandolo ad Arte.

Dal 2005 Fabio La Fauci e Daniele Sigalot hanno scelto di firmare il loro duo artistico proprio con Blue and Joy, svincolandosi dal ruolo di pubblicisti. Le loro creazioni ben presto sono state accolte alla ribalta dell’arte contemporanea sotto molteplici spoglie e assecondando la sperimentazione di un acquisito utilizzo di tecniche multimediali (pitture a olio, collage, disegno o stampe su alluminio, installazioni con sculture in resina, legno laccato o poliuretano espanso). Il fil rouge che lega le opere è un giocoso sentimento di felicità inquieta, di malinconia reattiva, di smascheramento dello stupore infantile che palpita sotto il mantello di ogni convenzione rivelando un’intelligenza emotiva che in quanto libera è capace di riassemblare e dar senso vivo alla quotidianità più trita. Un dualismo esemplare che traendo forza dal convivere dei contrasti genera nuovi spunti di riflessione coinvolgendo lo spettatore in un intrattenimento giocoso mirato ad ampliare lo sguardo e, con un massaggio rigenerante della percezione, a rimettere in moto il pensiero.

Il repertorio emotivo contemporaneo, che va dall’euforia alla desolante solitudine, è cristallizzato in ruoli rigidi e incasellati, come l’espressione sempre uguale di Blue o di Joy. Il linguaggio è elementare come quelli del mondo digitale che mastichiamo ogni giorno. Ma l’uso di icone e l’essenzialità espressiva sono la ricetta che rende universalmente riconoscibile e appetibile il percorso di associazioni e consapevolezza a cui lo spettatore viene invitato. Ed è per tutti facile riconoscersi nella malinconia di Blue o nella festosità di Joy e scorgerne al contempo la voglia di riemergere, nel primo, e il senso di inutilità, nel secondo.

La sensibilità creativa di La Fauci e Sigalot conserva e rielabora l’eredità delle avanguardie in materia di sperimentazione e contaminazione; della pop art, per il dare voce nuova a oggetti o icone del quotidiano con il recupero di oggetti del consumismo; degli street artist, portando indoor una ventata di libertà. È chiara l’influenza che ha esercitato sui due artisti la loro esperienza professionale nell’ambito della comunicazione pubblicitaria e l’intesa formale affermatasi sempre più prepotentemente tra arte e media, pescando nel relativo repertorio di riferimento, dal web design, all’urban art, ai fumetti giapponesi secondo il gusto della globalizzazione che miscela culture diverse.

Ma Blue and Joy si spingono anche al confronto con i riferimenti alti delle esperienze artistiche passate dialogando con ambiti formali e concettuali storicamente riconosciuti. Ciò lo si ritrova talvolta esplicitamente dichiarato, come nell’opera qui in mostra Fontana revisited, in cui il cuore rotto di Blue è la finestra su un mondo che darà vita a nuove percezioni ed esplorazioni creative. Il confronto con gli epigoni dell’arte è un’esigenza e una ricerca riccamente presente in tutta la produzione dei due artisti, che amano la sfida con il Tempo così come con lo Spazio. Basti pensare a installazioni come The Wind doesn’t have the Plan con aeroplanini giganti in carta di alluminio, o le lattine di speranza “da consumare irresponsabilmente” realizzate per il The Hope Project, o ancora le stampe su alluminio in scala gigante di Curriculum Vitae autoreferenziali allestiti su pareti. Il gioco del fuori scala, che incontra il gusto per le installazioni monumentali nell’arte contemporanea, è spesso autoironico, oltre che gioioso e mostruoso insieme. Così lo sono le riproduzioni in grande dei personaggi Blue and Joy che ci fanno sentire sproporzionatamente piccoli messi di fronte agli oggetti simbolo di malinconia e gioia infantile.

Il pathos che emerge osservando Abolish Monday , mosaico di monetine, è indotto dall’assemblaggio tra l’antico preziosismo dell’arte bizantina con un oggetto di valore minimo, come il centesimo, che però a sua volta allude simbolicamente ed esplicitamente alle logiche inespugnabili e condizionanti del potere assunto finanza mondiale. Un pathos scandito dall’evidente contrasto tra valore e pochezza, luccichio e sporcizia del denaro, apparenza festosa del volto di Joy e rifiuto profondo della realtà cui allude il titolo. Si è tratti in inganno da una prima patina sfavillante e di spensieratezza somatica per poi evincere un senso di disagio che investe l’intera nostra civiltà.

I sogni si scornano spesso con gli insuccessi ma si vitaminizzano di speranza, come in Vincerò dove è Blue a prepararsi alla gara con la vita adattando il proprio grande cuore coraggioso a diventare una pista per Formula 1. Mai lasciarsi convincere dalle apparenze con Blue and Joy: il momento in cui allo spettatore viene strappato un sorriso gli viene anche fatto pagare lo scotto del senso di desolazione che vi è sotteso. Così come una volta puntato il dito sul male di vivere è lo stesso dito a solleticarlo con una catarsi ironica e dolcemente pungente.

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