Testo critico di Francesca Barbi Marinetti – HeArt Kid

di Francesca Barbi Marinetti

Che cosa accomuna la Gioconda e Marylin Monroe, il Colosseo e la lattina di Coca Cola, l’Annunciazione del Beato Angelico e il fumetto giapponese? A questa domanda ha dovuto rispondere la critica dalla Pop Art in poi. Poco importa se divisa tra chi si è schierato convinto e chi no. Cialtroneria? Irriverenza? Audacia e provocazione? Pop e neo-pop sortiscono il doppio effetto di estetizzare i prodotti di largo consumo mediatico (e commerciale) e di colmare gli anni luce che separano gusto contemporaneo globalizzato dai giganti dell’arte del passato. Fatto è che le contaminazioni tra generi “alti” e generi “bassi” ha convinto il pubblico e ispirato generazioni di artisti.
Ha vinto la scatola Campell, tanto per usare un simbolo che vale per tutti, non perché bella ma neanche perché democratica. Piuttosto perché, da che mondo è mondo, io essere umano ho necessità di comprendere e scegliere ciò che più mi rappresenta, di riconoscere un segno che esemplifica il mio passaggio terreno nella sua complessità. Che me lo spieghi e che m’intrattenga. Che mi renda l’ironia di cui la mente ha bisogno per restare sana o, perché no, che mi fornisca un’etichetta rassicurante. Un’icona, alla fine, altro non è che un’etichetta estetico-esistenziale condivisa. Capace ci confortarci riguardo alla nostra identità, i nostri ideali, il nostro concetto di bellezza o di verità. Capace, se necessario, di omologarci o, in caso di una propensione alla consapevolezza, di mostrarci la via per una sensata e ad altri comprensibile resistenza critica. L’icona, insieme all’arte che la plasma, è il linguaggio visivo che ci fornisce i paletti fondamentali per ogni discorso che è di questo mondo. È una rivelazione assertiva e ripetitiva. La pop art lo aveva compreso a fondo realizzando opere multiple con variazioni di dettagli di colore, forma o tecnica. E aveva colto anche, nella sua irriverenza, che una rivelazione deve la sua efficacia ad un�immanenza assecondante la sensibilità collettiva. La Bellezza assoluta se non restituita sotto altre spoglie diviene evanescente e scontata. Meglio allora mescolare ciò che brucia, che è attuale, che è globalmente palatabile (quindi comunicabile) con riferimenti letterari e concettuali alti. Non solo perché rende questi ultimi più masticabili, ma perché ci aiuta a colmare il gap generazionale e a rendere il tempo nostro più futuribile. Ad evitare l’asfittica esclusione per pochi a cui la cultura fatica a resistere.
Il Futuro è Bambino, sempre.

HeART 4 Kids è un gioco, allora. Ma un gioco serio. Un percorso ludico creativo, messo su con opere d’arte, che ci fa sorridere colpendoci al centro del petto, al cuore.
Partecipano alla mostra artisti selezionati dalla gallerista milanese Federica Ghizzoni per un appuntamento che il Margutta rinnova annualmente per sollecitare alla solidarietà.
Insieme alla O.N.G. Emergenza Sorrisi è che si dedica alla cura dei bimbi affetti da palatoschisi, alle malformazioni del volto e che ha rafforzato il suo impegno sostenendo la ricerca oncologica pediatrica, si vuole qui ricordare quanto l’attenzione al prossimo e il sostegno debbano integrare l’esistenza di ognuno per non rischiare di vivere con un lato amorfo. E a ricordarcelo sono i bambini, e in special modo quelli colpiti da malformazioni o malattie incurabili: nella corsa forsennata all�affermazione occorre sapersi fermare, ascoltare e guardare chi nella vita porta fardelli gravosi e ha bisogno di te.
La sequenza espositiva è ricca di rimandi all’immaginario infantile che rivela anche momenti di schietta irriverenza e ferocia. Dall’anti-eroe splatter, ammaccato, maldestro, ironico e minaccioso di Alessio Bolognesi; al senso di caducità e fragilità nostalgica espresso nelle opere scultoree di Enzo Forese. Dai fotogrammi di Massimo Caccia, dettagli ritagliati dal loro contesto che aprono infinite ipotesi di continuità celate; ai personaggi fiabeschi e macabri di Michela Muserra usciti dal filone dei cartoon giapponesi. Dalle materializzazioni su tela di visioni flash desunte dal web di Samuel Sanfilippo; ai paesaggi onirici, liquidi e privi di gravità in cui convivono armoniosamente sottosopra figure della fantasia di Sam Punzina. Dall’icona-fumetto di Francesco Bandini al tv-message di Sara Baxter. Fino alla coniglietta in cornice, composta e melanconica, di Silvia Idili e ai non sense realistico-ornamentali di Tiziano Soro.

 

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