'900 -sguardi su uomini straordinari-


di Marco Mottolese




Gli sguardi di Cristiano Cascelli

Esistono pittori che scoprono la decorazione; stilisti che si applicano al gesto artistico; architetti che si immaginano scultori e sognano di creare installazioni imperiture. Infine, esistono creativi tout court, decoratori immaginifici o delicati illustratori che, pian piano, nel corso della propria vita operosa, si avvicinano all'Arte, quella con la A maiuscola (almeno per il comune sentire) e trasportano tutto il proprio bagaglio tecnico e la propria sensibilità al servizio degli altri per svelare - a se stessi in primis e dunque al mondo - i loro esclusivi lati artistici. Non urla questo genere di artisti; ma si fa notare, nel contrappasso, per un silenzio (anomalo) nel panorama complessivo della stridente arte contemporanea. Questi artigiani del sentimento crescono senza fare rumore e sbocciano qui e là all'improvviso, svelandosi e rivelandosi come novità e allo stesso tempo parlando "lingue e codici" classici.

Cristiano Cascelli sembra rispondere perfettamente a questi canoni e non casualmente, dunque, si presenta al pubblico delle gallerie e dei fruitori dell'arte contemporanea quale "outsider" carico di frecce per il suo arco. Dopo una vita nomade, passata alla ricerca del "qui e ora" - ma con un pensiero laterale mai sopito che lo ha portato a "digerire" molto della ricca lezione del '900 in termini di espressione artistica, architettonica, filosofica e scientifica - Cascelli approda a Milano, alla Galleria Spazioinmostra di Federica Ghizzoni con un titolo così corto e così ampio che, alla fine, non può che restringersi da solo, come visto al microscopio per coglierne i particolari altrimenti eccessivi se liberati.

Cascelli tende a riportare e custodire tutto ciò in frammenti felici; in momenti che danno ristoro all'occhio e celebrano - in questa sua speciale ed unica galleria di uomini unici - la gioia dell'occhio e la freschezza dell'anima. Cristiano trasporta su legno o su tela, con un arcaico ma allo stesso tempo modernissimo 3d che stacca il ritratto dal fondo celebrando l'icona e storicizzando l'opera, ritratti come se fossero improvvisi flash e scatti d'autore. Se dovessimo azzardare un parallelo, il lavoro di Cascelli ricorda le pale d'altare (o altaroli) del XIII secolo, la prima forma artistica che "staccava" dal fondo pittorico una immagine alternativa regalando un "medioevale" effetto 3d a chi guardava le pale dal sagrato.

Il modo di essere "verista" di Cascelli è quanto di più lontano dall'arte realista e sconfina con leggerezza e dinamicità nel "pop"; perché la vera lezione del '900 è proprio quella e questi quadri di Cascelli ne celebrano la funzione: avvicinare all'Arte la gente, il pop-olo, chiunque; Freud, Luther King, Clark Kent fanno ormai parte, tutti, di un pensiero collettivo che ha avvicinato gli uomini d'arte e cerebrali alla gente comune lasciando scaturire un legame nuovo e profondo tra chi fa e chi guarda; legame che Cascelli intende celebrare ed avallare con mano autentica, con colori moderni ma tinte già classiche, se vogliamo, e soprattutto con una unitarietà di intenti che fa sì che nella sua apparente "non" trasgressione ci sia invece una grande novità: il ritratto rimane uno specchio per chi guarda. Il coraggio di "citare", nella medesima opera, le "cose", la "vita" gli "sguardi" la "cifra" di quegli artisti in sostanza "derubati" da Cascelli fa sì che si rimanga affascinati e colpiti, come fosse la prima volta, da volti che in realtà conosciamo a memoria. Una specie di "lettera rubata" di Edgar Alla Poe, dove, come spesso accade, è nell'aver davanti agli occhi l'oggetto della nostra ricerca che da il là alla creazione di un mistero e che rende felice uno sguardo perché finalmente puro.