FIDIA FALASCHETTI. CRITICAL POP.
di Ivan Quaroni
riservata all'apprezzamento di pochi: l'arte è per tutti
e questo è il fine a cui voglio lavorare".
(Keith Haring)
L'arte Neopop della società globalizzata, quella diffusa attraverso la rete capillare del web, non è semplicemente una delle tante espressioni artistiche della contemporaneità. Certo, è anche questo, ma è anche qualcosa di diverso, una sorta di vero e proprio linguaggio, largamente condiviso a tutte le latitudini. Le sue radici affondano nella cultura di massa, attraverso quel comune patrimonio d'immagini, simboli, loghi e grafemi, in cui sono mescolate, direi quasi centrifugate, suggestioni provenienti dal cinema, dalla televisione, dalla pubblicità, dai fumetti, dai cartoni animati, dalla moda, dal folclore e perfino dalla cronaca. Una tale convergenza d'influssi può verificarsi solo in questo genere di linguaggio, che ha la caratteristica (e la capacità) di riassumere gli elementi vitali e urgenti del presente per restituirli alla coscienza collettiva sotto forma d'immagini problematiche e, in qualche caso, perturbanti.
Secondo lo scrittore e filosofo Franco Bolelli, la cultura pop rappresenta oggi un modello antropologicamente evolutivo, in grado di liberare le energie, le intelligenze e le pulsioni più creative e originali della società globale e connessa. Il suo pensiero ruota intorno a un'idea di espansione vitale (anche biologica), in cui slanci e passioni dell'individuo non sono necessariamente in conflitto con i mutamenti sociali e tecnologici in atto. L'implementazione delle comunicazioni tramite internet, i blog e i social network come facebook e twitter, ha, di fatto, favorito un ampliamento delle possibilità espressive dei singoli individui, assecondando la nascita di nuovi modelli di produzione e condivisione della cultura. Per Bolelli la cultura pop più evoluta è quella che ridisegna la figura dell'eroe come individuo animato da grandi passioni. Eroe è chi riscopre il valore dell'avventura e del rischio per compiere grandi imprese. Nell'olimpo pop di Bolelli ci sono Quentin Tarantino e Robert Rodriguez, Bruce Lee e Cobe Bryant, i Radiohead e i Pearl Jam, Neil Gaiman e Joe R. Landsale, ma poco importa. Ognuno può compilare la propria personale playlist, con gli eroi, le serie TV preferite, gli artisti, gli scrittori e i registi che hanno cambiato la sua vita. Ciò che conta è capire come la cultura pop, quella davvero evolutiva, non sia per niente stupida o superficiale, come molti credono, ma sia, anzi, un potente mezzo per la diffusione d'idee.
Fidia Falaschetti ne è un esempio. Il suo utilizzo dell'immaginario pop, dei suoi più celebri simboli e archetipi, appare correlato a una visione critica della società, piuttosto che a una mera celebrazione della cultura consumistica. Se è vero, infatti, che Fidia costruisce la sua grammatica pittorica su una serie d'icone immediatamente riconoscibili, è altrettanto vero che quelle stesse immagini raramente hanno un valore autoreferenziale. Esse sono, piuttosto, lemmi o tropi di una lingua universale, i cui contenuti divergono radicalmente dai modelli originari. Analogamente a quanto fece Ronnie Cutrone negli anni Ottanta, Fidia porta gli eroi dei cartoon a confrontarsi con le vicende della vita reale. Li usa, appunto, come le lettere di un alfabeto universale, trasformandoli in evidenti metafore degli stati d'animo individuali e collettivi. "Ritrovarmi adulto (o quasi) con questa meravigliosa e accessibile biblioteca pubblica di personaggi", racconta l'artista in una recente intervista, "non può che farmi venire voglia di metterci un piccolo valore aggiunto […], punto di partenza di un augurabile dialogo collettivo" .
Fidia fa parte di quella generazione di adultescenti, affetti da sindrome di Peter Pan, per i quali gli eroi dei fumetti e dei cartoni animati sono riferimenti obbligati, figure di un olimpo interiore, usate come filtro per interpretare e decifrare la realtà contemporanea. Si vedano, ad esempio, i lavori realizzati su banchi scolastici di recupero, come Sfianca Neve, Lobo Tomy, Beat Bad Wolf e Three Glitter Pigs, in cui l'universo disneyano è piegato alle necessità di una visione cinica e sarcastica della società attuale. Lo stesso vale per l'installazione intitolata Tagli d'istruzione, formata da disegni eseguiti su ritagli di prove d'esame scolastiche (con tanto di timbro ministeriale), inseriti in scatole fatte, ancora una volta, con vecchi banchi di scuola, dove i personaggi sembrano il frutto di una scomposizione di Biancaneve e i sette nani in salsa cubo-futurista. In entrambi i casi, la straniante associazione tra scuola e universo disneyano fornisce all'artista l'occasione perfetta per riflettere in modo lucido e spietato sulla dissennata politica italiana in fatto d'istruzione. Eppure, il pop di Fidia Falaschetti è quanto mai lontano da ogni tentazione ideologica, poiché colpisce trasversalmente tanto i simboli del capitalismo, quanto le icone della vecchia ideologia comunista. Decapitalismo è, infatti, il titolo di due opere dipinte su grandi tele di pvc, in cui campeggiano i ritratti di Marx ed Engels, ironicamente decollati dal simbolo della face e martello. Fidia, però, non si limita a costatare la fine delle ideologie, ma ne ritrae perfino la parabola discendente, come nelle tre tavole da cantiere dipinte, ispirate allo stile grafico di Obey, artista che, con Bansky, rappresenta la nuova frontiera del pop contemporaneo. In questi lavori, il volto stilizzato di Mussolini diventa il pretesto per raccontare le tappe di un progressivo percorso di liberazione interiore (Obbedisco, Obbedivo, Non obbedisco più).
L'attitudine critica del linguaggio di Fidia, si accompagna, peraltro a una spiccata propensione sperimentale, che lo porta ad esplorare le potenzialità di diversi materiali, dai già citati ready made di banchi di scuola e tavole da cantiere, fino all'impiego di supporti inconsueti come teloni di camion e lastre di alluminio. Anche le tecniche sono le più disparate e coinvolgono in egual misura la pittura, il disegno e la stampa serigrafica, quasi a sottolineare le inedite possibilità espressive offerte dell'arte neopop.
D'altra parte, Fidia nasce come graphic designer, illustratore e fotografo, abituato a confrontarsi con il mondo delle aziende e con rinomati brand internazionali come Nike. La capacità comunicativa e la malleabilità fanno, dunque, parte del suo background professionale. Diplomato all'Accademia di Belle Arti di Firenze e passato attraverso diverse esperienze lavorative, Fidia non poteva che approdare a uno stile capace di unire le urgenze espressive dell'arte contemporanea con l'eloquenza mediatica della pop culture. "Devo comunque ai miei 15 anni come professionista gran parte delle motivazioni di oggi", afferma nella sopracitata intervista, e aggiunge che "le esperienze, le ricerche, i gesti e i modus operandi sono un bagaglio d'eccezione che non avrei ora, se non fossi passato per quella strada" .
Anche le opere istallative sono la conseguenza di questa formazione eretica, estranea alla tradizione della "pittura da cavalletto" e aperta, piuttosto, al confronto con lo spazio e con supporti non convenzionali.
Così, mentre Arma di seduzione di massa, una chitarra customizzata in tema militare, testimonia la versatilità dell'artista in fatto di ready made, Hairy Love è un equilibrato mesh up di tecniche e materiali (dal polistirene alla resina, dallo spray alla serigrafia) d'indubbio impatto visivo. Una serie di disegni realizzati ad acrilico e china giapponese compone, invece, l'istallazione Ritratti Muti, una sorta di moderna vanitas pop che denuncia gli orrori della guerra, dove l'effigie americana di Zio Tom sormonta una teoria di teschi umani perforati da proiettili. Fidia si affida alla perentoria efficacia di un'iconografia d'immediata riconoscibilità per scivolare da un tema all'altro quasi senza soluzione di continuità. Cavalcando contraddizioni e paradossi di scontante attualità, l'artista redige, così, la sua personale playlist d'icone contemporanee. Di questa compilation, fanno parte anche i due deliziosi ritratti infantili di Keith Haring e Basquiat, accorato tributo di un fan alle meraviglie di un'arte che, dagli anni Ottanta in avanti, non ha mai smesso di parlare al cuore della gente.
In fondo, se un giorno l'arte smetterà di essere un tempio esoterico per soli iniziati, sarà anche per merito loro.