Warhol, Rauschenberg, Oldenburg, Lenica, Cieslewczy
a Milano dal 20 gennaio al 17 febbraio 2005
Perché una mostra di manifesti realizzati per le Olimpiadi di Monaco del 1972 e della scuola polacca accanto a opere grafiche della POP ART? Semplicemente perché come diceva Marshall Mc Luhan il mezzo è il messaggio e, il manifesto, è un media ineccepibilmente POP.
Gli artisti della POP Art furono i primi a capire l'importanza assunta dalla pubblicità e dalla comunicazione di massa appropriandosi dei loro linguaggi. Non a caso il, termine POP Art è nato come abbreviazione di Popular Art per designare l'universo delle forme visive e musicali connesse
ai mass media. Negli anni sessanta e settanta, per quanto riguarda più specificatamente le arti visive, la POP ART spezza ancora più platealmente il vincolo univoco dell'opera d'arte: il manifesto d'autore assume connotazioni decisamente artistiche, anzi, sfruttando al massimo le risorse
tecnologiche, si perfezionano le tecniche di stampa tipografica, dalla serigrafia alla litografia, alle foto, a tecniche miste che influiranno sulle dimensioni, la recepibilità e la collocazione, arrivando ad un apice della qualità sia dal punto di vista artistico che tecnico.
In Polonia, paese d'oltre cortina, dalla fine della seconda guerra mondiale alla caduta del muro di Berlino, con scarsi mezzi informativi radio televisivi, scarsi giornali (e solo quelli di regime) gli artisti riconobbero e sfruttarono al massimo le possibilità del media MANIFESTO. Ben presto i manifesti diventarono il mezzo principe dell'espressione artistica individuale che raccolse, nonostante la guerra fredda in corso, gli influssi della cultura occidentale, dal surrealismo, passando per la neo-Art Nouveau, alla Pop Art. E' evidente che tanti messaggi di protesta passarono attraverso le maglie della censura proprio attraverso i manifesti.
Nel 1968 un famoso e affermato critico d'arte, Mr. Bruckmann, fondò in società con il CIO (comitato olimpico internazionale) la casa editrice Olympic Editions 1972, Ltd, con il fine di produrre una serie di opere grafiche e manifesti ideati dai più grandi artisti di quel periodo. Il risultato fu una serie di 28 opere che ancor oggi rappresentano una grande lezione d'arte POP del secondo millennio. Naturalmente gli artisti della Pop Art, sia inglesi che britannici, a parte Warhol, sottoscrissero alla grande tale progetto, per cui ritroviamo artisti del calibro di Wesselmann, Allen Jones, Phillips, Hockney, Kitaj, Arakawa, Smith, Davie, ma ben rappresentati anche altri movimenti, dai simbolisti Soulages, Chillida, al Bauhaus con Albers, fino all'arte cinetica di Vasarely, inclusa la scuola polacca con il grande Lenica. Tra gli italiani Dorazio, Adami e Marini. Ogni artista ideò la propria opera pensando all'idea di multiplo e non riproducendo un quadro, si scelsero gli stampatori e seguirono minuziosamente tutte le fasi di lavorazione. Il risultato sono serigrafie e manifesti da considerare non copie ma esemplari d'autore.
Una serie di situazioni fortuite, ma innanzi tutto la solerzia e l' esperienza di un collezionista veneziano, che prima di diventare professore universitario di storia, infatti fino al 1971 conduceva una galleria vicino a palazzo Grassi, ha permesso che tutte queste opere arrivassero intatte sino a noi. Sottolineo intatte perché anche se non ci troviamo di fronte a opere d'arte datate centinaia d' anni fa, la carta di cellulosa, (ahimè) le fa opere fragilissime e deteriorabilissime, prova ne è che la carta che si utilizzò fino alla fine del '700 è molto più resistente e restaurabile.
Alla Galleria Spazioinmostra quindi opportunità più unica che rara di respirare aria degli anni sessanta e settanta, il periodo più importante dell'arte della seconda parte del 20° secolo.