ALPHABET
di Eleonora Battiston

Un’opera d’arte è tale quando è aperta ad interpretazioni, e questo è il modo in cui l’artista si connette col pubblico.
- Eric Fischl



“Alphabet”, titolo della mostra di Fabio La Fauci presso la galleria milanese Federica Ghizzoni, è già di per sé una dichiarazione di intenti. L’artista, in questa occasione, vuole infatti fornire una chiave di lettura del suo nuovo lavoro, una grammatica visuale che, partendo dalle prime lettere/segni, vuole far percepire ed intendere il gesto come primordiale intento di comunicazione.
Questa mostra segna un punto di partenza per l’artista, per la prima volta a Milano in solo, ma anche un punto di arrivo di un percorso pittorico che lo ha visto impegnato negli ultimi anni in un passaggio dal figurativo all’informale, fino ad arrivare al risultato attuale, difficile da catalogare in quanto portatore di un nuovo linguaggio, sicuramente contemporaneo e sempre in evoluzione.
I due assi formali su cui si muove sono costituiti dal gesto, riconducibile ad una motivazione istintiva, ed il colore, frutto di una motivazione razionale. L’azione del dipingere, la pennellata, è tutto ciò che rimane ed appare come gesto istintivo, qualcosa che l’artista ha assunto ormai come automatico, qualcosa che relaziona immediatamente La Fauci ai ricordi di quando la sua passione per il (di)segno è iniziata.
Quella dell’artista è una sintesi ed una riflessione su una pittura in cui non viene rappresentato più niente se non la pittura stessa. Il gesto diventa immobile ed al tempo stesso si solidifica in materia e dalla tela torna ad uscire attraverso la sua reale tridimensionalità.
La preoccupazione che questo artista ha sempre dimostrato per la terza dimensione torna ad apparire in questa occasione e fa da protagonista. L’opera pittorica di La Fauci funziona a strati. La sua opera è in costante evoluzione e contiene diverse linee di sviluppo con una serie di elementi comuni che consistono, tra i vari, nell’equilibrio tra l’uso del colore e la ricerca del volume. La Fauci ci fa percorrere un viaggio che va dall’istintivo al premeditato, dallo spontaneo al processuale.
Le distinte tecniche che l’artista impiega e fonde conferiscono alle sue composizioni una fattura di straordinaria qualità plastica, ricettacolo perfetto di questa originale interrelazione tra piano e volume, bidimensionale e tridimensionale.
Questa doppia dimensione gioca in parallelo con la dicotomia reale e virtuale. Le opere in mostra si possono infatti dividere in due gruppi principali secondo i supporti e le tecniche impiegati: le opere su tela e le pitture digitali su carta.
Nel primo caso è evidente come del figurativo rimanga soltanto la gestualità. La scia dell’atto creativo si materializza. Resta solo una spatolata o più spatolate di pasta acrilica e resina lungo le quali sfuma il colore. Tele che non hanno paura di lasciare spazio al vuoto, interrotto esclusivamente da un passaggio, un taglio che divide la superficie come a ricordare le tele di Lucio Fontana. In questo caso, grazie alla matericità quasi scultorea dell’opera, come nello Spazialismo, le figure pare abbandonino il piano e continuino nello spazio. La sua pittura configura chiaramente un’attitudine che definisce e revisiona la materia, che va oltre i limiti del supporto a favore della corporeità.
Il colore, spesso in toni acidi, scende e sfuma come a seguire il movimento del gesto. Si fa portatore e contenitore di emozioni e stabilisce una sorta di comunione spirituale tra l’artista e lo spettatore.



L’approccio al colore di La Fauci non è solamente estetico ma anche concettuale e ricorda, da un punto di vista semantico, le teorie di Mark Rothko, il quale affermava: “Non sono un astrattista, non sono interessato alle relazioni tra colori e forme…sono interessato soltanto ad esprimere le emozioni base dell’uomo - tragedia, estasi, rovina, etc. - ed il fatto che molte persone scoppino a piangere quando si confrontano con i miei quadri dimostra che sono riuscito a comunicare queste emozioni umane…Le persone che si commuovono davanti alle mie opere stanno vivendo la stessa esperienza religiosa che ho vissuto io mentre le dipingevo. E se sei mosso solamente dalle relazioni tra i colori, allora non hai capito niente”.
Il secondo gruppo di opere consiste invece nelle pitture digitali; la tela si trasforma nello schermo del computer ed il mouse si fa pennello, catturando sullo schermo i gesti della mano dell’artista. La pittura digitale offre nuove soluzioni al quadro ed abbraccia la volontà di piegare la tecnologia alle esigenze espressive. Anche qui le componenti coloristiche e tridimensionali sono al centro della comunicazione. L’artista disegna figure tridimensionali al computer che poi vengono stampate e rese bidimensionali su carta. Il virtuale si fa reale. Le immagini ottenute sembrano, grazie al richiamo ed alla corrispondenza cromatica, trasformazioni delle opere su tela che dal minimalismo assoluto passano ad un caos alla Kandinsky. In questo caso La Fauci crea una corrispondenza ed un collegamento con la musica: si tratta di campionare una pennellata, come se fosse un suono, convergerla in forma digitale ed utilizzarla come si vuole. Anche la struttura, spesso in trittico, richiama il concetto di ripetitività e di variazioni, come se le opere fossero note che accostate creano una musicalità.
Queste opere si configurano come spazi di sperimentazione tecnologica che sfidano i modi tradizionali di avvicinarsi all’immagine. L’impostazione è fisica e tradizionale, ma reinterpretata attraverso le possibilità della tecnologia. L’artista è in grado di creare un caleidoscopio che rispecchia una mappa di sensazioni a partire dalla manipolazione al computer e la formalizzazione pittorica. Il confronto tra il dipinto e l’impresso, il manuale ed il digitalizzato, genera una realtà virtualmente analogica o analogicamente virtuale.
Con questa mostra l’artista dimostra di aver conquistato una certa maturità, di aver trovato e raggiunto un attrattivo linguaggio personale, fatto di varie sperimentazioni e sicuro punto di svolta della sua carriera. Le sue opere sono contrassegnate da una pittura tremendamente suggestiva, una grande forza visiva, forme contundenti ed un dinamismo esacerbato capace di fissare il gesto e tradurlo in movimento. L’artista è direttamente implicato nella ricerca della tensione cromatica, nell’esercizio continuo che testimonia la risposta del materiale, della sua luce e della sua complessità. Il risultato deriva non solo da scelte formali coscienti ma anche da gesti compiuti secondo movenze in cui la gestualità sorge dalla liberazione delle proprie energie interiori. La Fauci aspira a manifestare un tipo di spazio cinetico, capace di sommare distinte forze simultanee, distinti colori e velocità, in definitiva, un’atmosfera che cerca di interrogare continuamente lo spettatore facendo appello ai suoi sentimenti.