MICHEL SANZIANU

Il Divenire del Gesto

a cura di Luciano Caprile


a Milano dal 12 al 28 settembre 2007



Les lettres de l’Espoir, un grande disegno a inchiostro di china del 2004, frammentato e unito da una fiammata di luce in un trittico ascensionale, spalanca emblematicamente lo sguardo sul lavoro pluridecennale di Michel Sanzianu che negli ultimi lustri si è strutturalmente e psicologicamente consolidato lungo un percorso di rigorosa, costante ricerca. Proprio in questa sequenza rivolta al bianco e nero, profondamente indagata in punta di penna, emerge limpidamente quella comunione tra forma e pensiero che guida da sempre il suo gesto. È un pensiero che si fa luce e permea l’immagine, la ingloba, la folgora: l’intricato viluppo vegetale trova pertanto qui un rimando allegorico nel respiro liberatorio che attraversa la materia e scioglie l’assillo dell’esistenza. Tutti i disegni di Sanzianu propongono immediatamente questa apertura, questa leggerezza, questa fuga: altre soluzioni parallele coinvolgono anche strutture meno individuabili e pertanto meno facilmente leggibili in senso figurativo poiché le trame calligrafiche paiono talora ricercare futuribili costruzioni spaziali che possono rispecchiare di rimando fittissime trame molecolari. Infatti l’indagine dell’immensità dell’universo o del microcosmo può determinare risultati tecnicamente speculari. Comunque sia, il confronto tra l’assenza di tracce e la presenza talora ossessiva di segni resta sempre una dominante progettuale, una sorta di regola programmatica votata all’armonia. Il mondo di Sanzianu si giova di ritmici respiri, di cadenze musicali nell’aspirazione di un ordine che proviene dall’equilibrata, perfetta architettura del creato. Tale riflessione vale per il gioco insistito, tenace, raffinato e profondo dell’inchiostro che permette sguardi oltre il visibile, là dove il bianco della carta può rivelarsi luce accecante ( come abbiamo visto ) ma anche luogo di un’assenza, di uno sgomento, di un imminente precipizio nel vuoto, nel nulla. Non c’è neppure l’aggancio o il sollievo del colore a offrire l’illusione di un rimedio magari anche tattile.

Nei dipinti entra in campo il colore a corroborare il gesto, a ribadire una traccia evidente o sottaciuta di verità, a colmare o a temperare il significato di un abbandono. Là-bas nous étions assis et pleurions-nous del 1992 spalanca un’immagine di particolare suggestione visiva e di seduzione percettiva. Un ampio respiro accompagna la dinamica conquista longitudinale di un impulso espansivo corredato di stazioni, di segni, di illuminazioni. La memoria di Sanzianu soccorre la nostra in alcune evocazioni kandinskyane da lasciare subito al margine perché l’ordine costruttivo sembra sempre sul punto di mutare nei ripetuti volumi di una figura che appare e scompare come una labile presenza ectoplasmatica. Infatti tracce appena accennate di geometrie vengono travolte da un turbine che trascina con sé chiome arboree, linee suadenti e improvvise trafitture. Il giallo,il blu e il rosso intervengono, con sfumature, di preferenza dalla periferia sul nucleo del bianco e ne alimentano il respiro. Anche il surrealismo enigmatico di André Masson sembra venire in aiuto del nostro autore che assorbe e traduce nella personale cifra interpretativa le suggestioni di un’intera esistenza, ovvero le sollecitazioni liriche di uno struggimento interiore. Questo clima di perenne sospensione aerea accompagna ogni creazione del maestro rumeno come per un divenire perpetuo, come per un rimando continuo al racconto successivo: i dipinti lasciano margini ascensionali o laterali al cammino della luce o al fiato della speranza, non dettano la conclusione di un evento, non forniscono una lettura univoca. Lasciano all’osservatore la possibilità di agganciare l’ impulso del momento al cammino tracciato con delicata perseveranza dal nostro autore o di abbandonare il proprio inconscio tra le pieghe di un siffatto mistero. Se l’imponente quadro ora evocato apre simili scenari emozionali, ciò che avviene negli anni successivi arricchisce il medesimo solco di ulteriori doni. Naturalmente il tempo modifica, quasi impercettibilmente giorno dopo giorno, il comportamento della gente e anche Sanzianu si avvale di tale corrosione esistenziale per far aderire il suo gesto ai sopravvenuti cambiamenti. La linea interpretativa non muta, muta solo l’approccio riferibile a una possibile immagine: le opere scivolano poco a poco in un informale di matrice lirica che conserva, assorbe e restituisce apparentemente trasformate le istanze surreali e simboliche che avevano promosso le prove del periodo precedente.

I lavori che prenderemo ora in considerazione riguardano gli anni più recenti, quelli più ampiamente rappresentati nell’attuale esposizione.

Iniziamo con Arbre de vie, un olio su tela del 2003 risolto in un’esplosione radiale di getti che paiono scaturire da un tronco centrale. Il mondo vegetale, la vocazione alla luce abbagliante che incide il lembo superiore del dipinto ci ricordano i punti fermi e ricorrenti dell’artista. Il ritmo tonale, dal giallo-verde-azzurro intenso del nucleo al progressivo scioglimento nel candore, risponde perfettamente al suggerimento del titolo, all’urgenza espressiva di un nodo da sciogliere nella speranza del futuro. Anche La vigne en hiver II del medesimo anno si giova di un parallelo impulso. Il frastagliato movimento lascia un ampio spazio laterale di assenza, di sospensione, di attesa. Infatti lo scatto gestuale verso la sommità della tela si traduce in ripetute trafitture contro un riverbero di luce capace di alimentare la spinta delle pennellate più intense che si confrontano con una pausa, con un improvviso trattenimento di respiro prima della sospirata ascensione. Con Maternité ci troviamo invece al cospetto di un sinuoso moto avvolgente di tracce dalle tonalità rosate intorno a un globo che sembra staccarsi dalla superficie della tela per venire incontro all’osservatore. Il rinnovabile miracolo del concepimento e della sua delicata ostentazione si manifesta in una sintesi narrativa che annuncia l’idea di un corpo e forse di un volto in alto, al margine della sparizione. E veniamo a Ogive I del 2004: un cuneo di luce, di ricorrente luce accecante, penetra dal basso verso l’alto alla ricerca di un varco nel blu-azzurro intenso e frastagliato. Lo spirito dell’uomo si coniuga con lo spirito della natura per esprimere la forza dirompente e accecante della creazione, per accendere la speranza che è il motore della vita, come afferma lo stesso Sanzianu.

Quella figura umana mai del tutto abbandonata, talora incombente nei gesti dell’autore ( come del resto i riferimenti concreti alla natura, i fantasmi dei rami e delle foglie, per esempio ), si ripresenta con Anna. Il tondo di un viso appena accennato domina la scena e rimanda a ogni ideale sguardo femminile nella sua dichiarata incompiutezza e nella sua ostentata luminosità. L’idea della natura ricompare infine in un ulteriore Arbre de vie del 2005, in un avvolgente turbinio di segni che raccolgono e conservano lo spirito più segreto e prezioso dell’esistenza. In chiusura citiamo ancora Attentat, un grande olio del 2006 drammaticamente interpretato dalla chirurgica lama di luce che incide il sogno e lo vanifica nell’esplosione pirotecnica dei colori.

La ricerca pittorica di Michel Sanzianu, rivolta dunque alla continua mediazione tra forma e pensiero, dove la forma può venir dunque suggerita dal mondo vegetale o minerale o dalla figura umana risolta in accenno o incanto ectoplasmatico, intende coniugare l’aspirazione esistenziale al divenire della natura, la speranza alle regole della ragione, la traccia sulla tela alla profonda e talora tormentata motivazione che l’ha provocata. Succede quando l’arte non mima la vita ma la sollecita e ne pronuncia le frasi più recondite per sollecitare il colloquio con l’arcano. La meraviglia scaturisce allora dalle mani dell’artista: è la meraviglia del mondo che vive e si trasforma per venire recepito più dall’emozione che dallo sguardo. Sanzianu ci offre il profumo misterioso e seducente di questo mondo in perenne, magica trasformazione.