CUCINA d'AUTORE
10 artisti contemporanei
interpretano lo straordinario quotidiano
della cucina
Testo critico di Mimmo Di Marzio
a Milano dal 16 al 21 ottobre 2007
Un «fil rouge» lega, praticamente da sempre, gli artisti al concetto di cibo. Dai classicisti agli impressionisti, dal pop al concettuale fino alla body art, questo strumento di sopravvivenza ha visto sprigionare fiumi di creatività intorno ad una serie di significati che hanno attirato l’interesse di antropologi, filosofi e sociologi di ogni latitudine. Del cibo anche gli artisti hanno esaltato -e continuano a farlo- ora i valori estetici, ora quelli mediatici, ora quelli sociopolitici, ora quelli religiosi. Queste tematiche hanno fatto non a caso da sfondo alla poetica di maestri che hanno rivoluzionato i linguaggi artistici in varie epoche. Basti pensare ad opere radicate nell’immaginario collettivo come “Il mangiatore di fagioli“ realizzata intorno al 1583 da Annibale Carracci e appartenente alle cosiddette "scene di genere" che ebbero un grandissimo sviluppo nelle Fiandre. La tavola spartanamente imbandita, la scodella di legumi, il tozzo di pane e il condimento di tre cipollotti, rappresentano uno spaccato della società contadina del sedicesimo secolo afflitta da carestie ed epidemie. Una denuncia politica, ma in fondo all’acqua di rose rispetto ad autori che utilizzarono il cibo con una verve ben più tagliente, come nel caso dell’olandese Alexander Wieb Bruegel che, nel noto «dittico» "La cucina magra" e "La cucina grassa", così come nel disegno sulla "Gola" della serie dei vizi capitali, considerava gli alimenti la metafora sociale privilegiata. Ancor più forte il grido di dolore con cui Vincent Van Gogh descrisse la misera condizione dei «mangiatori di patate» delle campagne di Nuenen. In una lettera al fratello Theo, scrisse: «Ho voluto, lavorando, far capire che questa povera gente che alla luce di una lampada mangia servendosi del piatto con le mani, ha zappato essa stessa la terra dove poi le patate sono cresciute; il quadro, dunque, evoca il lavoro manuale e lascia intendere che quei contadini hanno onestamente meritato di mangiare ciò che mangiano. Ho voluto far pensare a un modo di vivere completamente diverso dal nostro; di noi esseri civili». Da Caravaggio a Vermeer, da Gauguin a Cèzanne ad Arcimboldo, gli artisti hanno sempre avuto ben chiaro il fatto che il cibo è anche un potente medium, un mezzo di comunicazione, attraverso cui l’uomo riesce ad esprimere la propria identità comunicando alla società il proprio status, il proprio ruolo e la propria visione del mondo. Altrimenti non si spiegherebbe perchè il genio creativo di Andy Warhol fosse ossessionato da prodotti alimentari come i barattoli di conserve, le bottiglie di coca cola o di vodka Absolute come parte integrante del vissuto quotidiano di ogni americano. La tavola allora, come dimostrano anche gli artisti di questa esposizione, si trasforma in uno strumento simbolico e un modello culturale; e dunque ancor più una assoluta necessità esistenziale.